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The Reader: a voce alta

Germania, 1958. Michael Berg, studente quindicenne, preso da un malore per la strada, viene aiutato e riaccompagnato a casa da Hanna Schmitz, donna sulla trentina che lavora come controllore sulle linee tramviarie. Guarito dalla malattia Michael torna a casa di Hanna per ringraziarla della sua premura ed i due intrecciano una relazione, che si conclude con il finire dell'estate. Hanna inizia Michael alla sessualità e lui legge ad alta voce per lei i classici della letteratura.
Qualche anno dopo Michael, ora studente di giurisprudenza, incontra di nuovo, del tutto inaspettatamente, Hanna: è imputata in un processo a carico di un gruppo di ex SS, accusate di aver lasciato morire, bruciate vive, trecento donne ebree. Hanna verrà riconosciuta colpevole della colpa più grave e quindi le viene comminata una pena più dura rispetto alle altre imputate: il carcere a vita. Hanna avrebbe potuto scagionarsi dalle accuse dichiarando di non saper nè leggere nè scrivere e quindi di non essere stata lei a redigere il verbale, firmato da tutte le imputate, in cui fu riportato dettagliatamente, come era proprio dei nazisti, tutto quello che era avvenuto quella tragica notte (cosa che però difficilmente la renderebbe meno colpevole dal punto di vista morale). Ma Hanna tace e confessa il crimine, temendo di più di dover affrontare la vergogna di essere analfabeta, vergogna che si è portata dietro per tutta la vita, piuttosto che il carcere. 
The Reader (il cui titolo in inglese conserva l'intrigante attribuzione sia maschile che femminile) è un film che sintetizza il cinema precedente di Stephen Daldry: da una parte affronta il tema dell'adolescenza, della cresita come in Billy Elliot, e dall'altra parte è una storia che si muove su più scenari narrativi, con salti dal passato al presente e l'intrecciarsi si tematiche differenti, come in The Hours.
Nella prima parte il film affronta con sguardo indagatore il tema della sessualità dal punto di vista del protagonista maschile che si mescola con la sete di cultura letteraria di Hanna. Ma questo primo intreccio di tematiche viene abbandonato, quasi bruscamente, per concentrarsi su un'altra serie di tematiche, direi ancora più complesse delle precedenti. In questa seconda parte il tema centrale è il senso di colpa, che viene analizzato (senza comunque poter arrivare ad una conclusione oggettiva, com'è naturale che sia) attraverso l'incontro/scontro tra due generazioni. Hanna appartiene a quella generazione che è cresciuta e vissuta per gran parte della sua vita nella Germania nazista, la cui mentalità risulta oggi quasi incomprensibile, mentre Michael rappresenta la generazione successiva, una generazione che sente forte su di se il senso di colpa per quello che hanno fatto (o non hanno fatto) i loro connazionali negli anni '30 e '40. Da una parte quindi condannano e non possono perdonare per ciò che è stato fatto, ma dall'altra si domandano come sia possibile odiare per questo le persone che comunque si amano incondizionatamente, come, per esempio, i genitori: non si sceglie mai chi si ama. E quella di Michael è una generazione che cerca di scrollarsi di dosso il passato ed il senso di colpa per poter andare avanti. 
In The Reader non vengono fatte condanne nè viene data alcuna assoluzione. E' difficile condannare Hanna, ma è altrettanto difficile perdonarla per quello che ha fatto.
E ci si rende anche conto di come spesso la condanna morale non coincida con quella legale, giuridica e di come sia difficile attribuire colpe. 
Il film può vantare un cast d'eccezione con attori del calibro di Kate Winslet (che, sempre più brava ed intensa, si è aggiudicata l'Oscar per questa pellicola), Ralph Fiennes e Bruno Ganz. Il cast è composto interamente da attori ed attrici tedeschi (fatta eccezione per la Winslet e Fiennes) sui quali spicca il promettente David Kross nei panni del protagonista maschile. 

« ...che cosa ho imparato? Ho imparato a leggere. »



A human face: giornata della Memoria

Nel 1933 a nord di Monaco di Baviera veniva aperto Dachau, il primo campo di concentramento nazista. A Dachau furono deportate 206.206 persone: 30.000 morirono. 
Nell'estate del 1940 veniva aperto il lager di Mauthausen-Gusen, in Alta Austria. 
Nel 1937 diventa operativo il campo di concentramento di Buchenwald, a circa 8 chilometri da Weimar, nella Germania orientale.
Nel 1940 la città fortezza di Theresienstadt venne trasformata in campo di concentramento. Hitler volle che qui fosse realizzato un film-documentario per mostrare il benessere degli ebrei sotto la protezione del Terzo Reich. Dopo le riprese la maggior parte del cast e lo stesso regista (Kurt Gerron, comparso al fianco di Marlene Dietrich in L'angelo azzurro) vennero deportati ad Auschwitz.
Il campo di Treblinka, in Polonia, fu attivo dal 1940: vi furono sterminate dalle 700.000 alle 900.000 persone.
Auschwitz fu reso operativo il 14 giugno 1940. Vi furono deportate più di 1 milione e 300.000 persone: 900.000 furono uccise subito al loro arrivo e altre 200.000 morirono a causa di malattie, fame o furono uccise dopo il loro arrivo. 
Nel 1943 venne aperto il campo di Bergen-Belsen, nella bassa Sassonia: circa 50.000 persone morirono nel campo, tra di loro anche Anna Frank e la sorella Margot.
Nel 1942 venne allestito il campo di concentramento e transito di Fossoli, in Emilia-Romagna. 2844 ebrei passarono per il campo e 2802 furono deportati.
Nei campi di sterminio nazisti vennero uccisi 5,9 milioni di ebrei, 2-3 milioni di prigionieri di guerra sovietici, 1,8-2 milioni di polacchi non ebrei, 220.000-500.000 Rom e Sinti, 200.000-500.000 disabili, 80.000-200.000 massoni, 5.000-15.000 omosessuali, 2.500-5.000 testimoni di Geova, 1-1,5 milioni di dissidenti politici, 1-2,5 milioni di slavi per un totale di 12,25-17,37 milioni di persone. Ma il numero esatto di persone uccise dal regime nazista è ancora soggetto ad ulteriori ricerche e si pensa che il totale possa essere ancora superiore a quanto finora stabilito. 

Scultura nel Memoriale a Dachau

Nel 1953 venne fondato il museo Yad Vashem (che significa "un memoriale e un nome"), memoriale ufficiale di Israele delle vittime dell'Olocausto. E' composto da una Sala memoriale, un museo storico, una galleria d'arte, una Sala dei nomi, un archivio ed un centro educativo. 
Presso lo Yad Vashem vengono conservate delle schede su cui sono riportati i nomi ed i dati delle persone morte nei campi di sterminio, e ognuno può consultare queste schede (anche online) ed eventualmente integrarle con nuovi dati o crearne di nuove relative a persone non ancora nel database. La regola dello Yad Vashem è che chiunque può realizzare una scheda (Page of Testimony) anche se non ha conosciuto personalmente la persona in questione, purché i dati facciano affidamento su più di una fonte. 

Sala dei nomi
In tutto quest'orrore però sono accadute delle cose davvero straordinarie. Perché l'essere umano è davvero straordinario: benché umiliato, privato della propria identità, abbattuto ed avvilito riesce sempre a trovare un modo per elevare il suo spirito. 
Hans Krasa (a sinistra)
Per esempio il compositore Hans Krasa, internato a Theresienstadt (Terezin), riuscì a mettere in scena all'interno del campo Brundibàr, un'opera per bambini (eseguita da voci bianche) che racconta una vicenda edificante nella quale il bene trionfa sul male (e non manca il significato simbolico e satirico).
Krasa aveva composto l'opera nel 1938 e quando venne deportato a Terezin non aveva con se lo spartito originale perciò riscrisse Brundibàr adattandolo ai pochi strumenti a sua disposizione. 
Inizialmente le rappresentazioni erano clandestine, ma poi cominciarono anche quelle ufficiali che andarono avanti fino alla fine del 1944, quando non era rimasto più nessuno vivo per metterle in scena. 
"Brundibàr dava ai bambini fiducia. Fiducia nel mondo, nel fatto che il mondo può essere bello. Quando i bambini rappresentavano Brundibàr nelle soffitte degli alloggiamenti, in quei momenti la vita perdeva i suoi orrori e tornava a sorridergli". (Alice Sommer, nota pianista)
Viktor Ullman
L'Imperatore di Atlantide è un altro esempio della miracolosa creazione di musica e satira a Terezin. L'opera venne composta da Viktor Ullman nel 1942 a Terezin. Ma la sua rappresentazione venne subito proibita dai nazisti che si resero immediatamente conto dell'identificazione tra il personaggio del kaiser e Hitler. 
Pochi mesi dopo l'internamento a Terezin, Ullman venne deportato ad Auschwitz dove morì nel 1944.
La partitura e il libretto de L'Imperatore di Atlantide furono miracolosamente salvati dallo smantellamento di Terezin e rappresentati per la prima volta dopo trent'anni dalla morte del compositore.
Queste testimonianze di arte all'interno dei campi di concentramento sono arrivate a noi in diverse maniere. Ad esempio un ricercatore durante i suoi studi scoprì, a Lublino, una canzone yiddish che presumibilmente venne composta in un lager: la scoprì perché gli venne cantata da un bambino sopravvissuto ad Auschwitz e che lì l'aveva imparata. La canzone si intitola Yeder ruft mikh Ziamele (Tutti mi chiamano Ziamele) ed è una commovente testimonianza della realtà dei campi di sterminio vista con gli occhi di un bambino. Qui potete ascoltare il brano cantato dal coro di voci bianche del Progetto Il CantaInsieme presso l'Istituto comprensivo di Moncalvo (e tra le voci bianche ci sono anche io anche se ormai sembrano passati dei secoli da quando facevo le medie).
L'esperienza dei lager non ha poi mancato di influenzare la produzione di vari artisti che, sopravvissuti ai campi di concentramento, si servirono dell'arte figurativa per raccontare ciò che avevano vissuto. 
Uno di essi è David Olere che, sopravvissuto ad Auschwitz, dipinse ciò che aveva subito. Nell'opera di Olere lo spettatore è posto di fronte alla verità essenziale della memoria visiva. Tanto è vero che i suoi disegni acquistarono una tale importanza da essere usati come prove nei processi del dopoguerra ai nazisti. 



L'uomo possiede qualcosa di più rispetto a tutti gli altri esseri viventi: possiede l'empatia, ovvero la capacità di sentire ciò che sentono gli altri esseri umani, di mettersi nei panni degli altri. Ma è una cosa che facciamo troppo poco spesso.
Come dice Charlie Chaplin nel celebre discorso finale de Il Grande Dittatore "abbiamo i mezzi per spaziare ma siamo chiusi in noi stessi". 
Allora cerchiamo di rompere limiti del nostro egoismo e, attraverso il ricordo di ciò che è stato, finalmente capire che un mondo senza più odio e violenze, in cui le persone si aiutano tra di loro e non si combattono sarebbe davvero un luogo bellissimo in cui vivere e per cui vivere. 

Remember only that I was innocent
and just like you, mortal on that day,
I, too, had a face marked by range, by pity and joy,
quite simply, a human face! 
(Benjamin Fondane, morto ad Auschwitz nel 1944, Exodus)