Principesse VS cowboy: i giocattoli sessisti

Quando ero piccola la visita al reparto giocattoli di ogni negozio era d'obbligo. La rigida organizzazione con cui le confezioni venivano disposte sugli scaffali saltava subito all'occhio: da una parte i giocattoli per bambine in mille sfumature di rosa, quelli per i maschi dall'altra, nelle loro (più o meno) sobrie confezioni azzurre. 
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Dagli anni '90 a oggi non mi sembra che le cose siano cambiate molto, fatta eccezione per il fatto che il mio desiderio di nuovi giocattoli si è trasformato in una ancora neonata collezione di action figure.
Non pare anche a voi che giocattoli e pubblicità incoraggino spesso una stereotipata separazione dei ruoli? Per i maschi trenini, armi, supereroi e costruzioni, e per le femmine fornetti per i dolci, bambole vestite all'ultima moda e ferri da stiro in miniatura. Come se al mondo esistessero "cose da maschi" a cui le bambine non possono nemmeno avvicinarsi e "cose da femmine" che i maschi dovrebbero vergognarsi a fare. 
E se un bambino volesse giocare a sfornare dolci e una bambina a guardie e ladri? Io a Barbie dottoressa preferivo il kit da sceriffo con distintivo e pistola e queste distinzioni preconcette mi hanno sempre infastidita. La possibilità di esprimersi ne risulta inibita e la personalità si appiattisce su uno stereotipo vecchio di secoli
Allora perché questo Natale non optiamo per regali "neutrali" con cui femmine e maschi possano divertirsi indistintamente e soprattuto assieme? Magari un gioco da tavolo, una scatola di LEGO o un bel libro, come Piccole donne che, come spiega la filosofa Luisa Muraro nella sua recensione, ha ottimi motivi per essere letto e riletto.
Questo romanzo è un capolavoro di astuzia femminile, per centocinquant'anni è riuscito a farsi stampare, tradurre e raccomandare come un romanzo di formazione (un bildungsroman, dicono i letterati) per giovinette di buona famiglia, e ne ha tutti gli ingredienti, in effetti, ma intanto riesce ad annunciare la fine del patriarcato. [...] Volendo usare etichette, per il capolavoro della Alcott, io parlerei di romanzo d'iniziazione. Il romanzo di formazione mostra un percorso per diventare quello che la società domanda o aspetta, mentre il romanzo di iniziazione racconta i passaggi che ti portano a scoprire quella che sei, e a diventare quella che puoi essere, più profondamente.

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