The Grand Budapest Hotel

Un lobby boy deve rendersi invisibile pur rimanendo ben in vista. Questa è la prima regola che Zero Moustafa impara quando viene assunto come garzone al rinomato Grand Budapest Hotel. 
Ad insegnargli il mestiere è Monsieur Gustave, il concierge, noto per conoscere e custodire i più grandi segreti degli ospiti, soprattutto donne, bionde, in là con gli anni e molto ricche. 
Accusato di aver assassinato una delle sue anziane clienti che gli aveva lasciato in eredità un prezioso dipinto chiamato "Ragazzo con mela", viene sbattuto in una galera da fumetto. 
Ormai considerandolo la sua famiglia e con la sicurezza della sua innocenza, Zero lo aiuta nella sua rocambolesca fuga dalla polizia e dagli scagnozzi del figlio della defunta, pronto a tutto pur di mettere le mani sull'eredità. 
Questa è la trama principale che però si sviluppa in forma di flashback: in apertura del film vediamo lo stesso Zero Moustafa, ormai anziano, raccontare la propria storia ad uno scrittore in cerca d'ispirazione. 
Ed allora, fin dall'inizio, viene negata una verità universalmente riconosciuta: un narratore, malgrado quello che si pensa, non ha un'immaginazione costantemente attiva ed a volte ha bisogno che siano gli altri a portargli personaggi ed eventi per la sua storia. 
Il Grand Budapest Hotel sorge nella Repubblica di Zubrowka, Stato immaginario che prende il nome da una vodka realmente prodotta in Polonia. E il gioco d'incastro tra realtà e finzione comincia fin da qui, per poi continuare con l'assurgere al potere di una dittatura violenta con una propria milizia in nero e bandiera con logo immaginario, evidentemente ispirata a nazismo e fascismo. 
La trama stessa procede per un simile gioco d'incastri tra personaggi e tematiche, a dimostrare come ogni storia, da quella con la s maiuscola a quella letta in un romanzo, è strettamente connessa alle altre. 
Stilisticamente il film porta evidentemente il marchio di Wes Anderson e con le sue ambientazioni che ricordano modellini retrò è un piccolo capolavoro. 
Pervaso da una velata malinconia, in nessun punto la sceneggiatura cede ad eccessi melodrammatici, ma anzi mantiene un tono leggero, quasi giocoso (ma mai superficiale), e a tratti cruento che, per certi aspetti, mi ha fatto pensare a Tarantino. 
Inutile parlare della bravura degli attori. Nel cast figurano i migliori attori attualmente in circolazione, da Ralph Fiennes, nei panni di Monsieur Gustave, e F. Murray Abraham, uno Zero ormai anziano, ad attori che hanno ricoperto ruoli minori, quasi dei cameo per la loro brevità: Bill Murray, Edward Norton, Harvey Keitel, Jude Law, Tilda Swinton, Jason Schwartzman, Willem Dafoe, Lea Seydoux, Owen Wilson, Adrien Brody, Jeff Goldblum, Saoirse Ronan, Mathiew Amalric... E l'esordiente Tony Revolory (Zero Moustafa) non ha niente da invidiare in bravura ai suoi ben più navigati colleghi. 
I temi, gli spunti di riflessione approfonditi o appena accennati sono molti: l'avidità, l'amicizia, l'amore, la giustizia, la violenza...
Ed in un mondo in cui quest'ultima sta prendendo il sopravvento sulla civiltà, il Grand Budapest Hotel diventa l'ultimo baluardo di un piccolo mondo antico, l'Europa mitteleuropea e la sua cultura. E ciò è reso possibile soltanto dalla presenza di Monsieur Gustave, il quale, malgrado i suoi difetti, è un uomo gentile, un uomo d'altri tempi. 
Ironico, malinconico, elegante, brillante: questo film non vi deluderà! 

Nessun commento:

Posta un commento

Un penny per i tuoi pensieri!
xoxo